Il Carattere Aldino (o corsivo) e i libri tascabili (in formato in-ottavo) furono inventati a Venezia nel 1501 da Aldo Manuzio e dall'incisore Francesco Griffo. Questa rivoluzione editoriale introdusse per la prima volta l'uso dell'italic, la punteggiatura moderna e il formato portatile, trasformando il libro da oggetto di studio statico a strumento quotidiano di cultura.
Pubblicato: 28/12/2025
Ultima modifica: 28/12/2025
Immaginate di camminare per le calli di Venezia alla fine del Quattrocento. Non è solo una città di mercanti, spezie e tessuti pregiati. È una città che odora di inchiostro e piombo fuso. Mentre nel resto d'Europa la stampa è ancora una curiosità tecnica, qui, tra i canali, sta diventando un'industria frenetica.
È in questo contesto vibrante, dove si contano circa 150 stamperie, che arriva un uomo che non è veneziano e non è nemmeno un mercante. Si chiama Aldo Manuzio, viene da Bassiano, un piccolo borgo laziale, ed è un umanista. Ha studiato a Roma e Ferrara, stringendo legami con giganti del pensiero come Giovanni Pico della Mirandola, di cui fu istitutore per i nipoti alla corte dei Pio di Savoia a Carpi. Quando sbarca in laguna, intorno al 1490, non cerca solo fortuna: ha in mente un progetto culturale che cambierà il mondo, forse ispirato proprio da quelle frequentazioni intellettuali.
Ma non pensiate che Manuzio fosse un sognatore solitario. Capisce subito che per diffondere la cultura servono capitali solidi. Si allea con Andrea Torresani, stampatore esperto (che aveva rilevato i materiali del grande Nicolas Jenson), e trova i finanziamenti nel nobile Pierfrancesco Barbarigo. È l'unione perfetta tra cultura, tecnica e capitale.
Inizialmente, l'ossessione di Aldo è una sola: la Grecia. Vuole salvare la cultura ellenica dall'oblio. Il suo piano è ambizioso: pubblicare i classici greci, a partire da Aristotele, in lingua originale, senza quei pesanti commenti medievali che, secondo lui, oscuravano il testo.
Tra il 1495 e il 1498, la sua bottega lavora a ritmi infernali. Escono i cinque volumi dell'opera di Aristotele.
È un trionfo intellettuale, ma dal punto di vista economico? Un rischio enorme. I volumi costano cari (undici ducati per l'opera completa, una cifra importante) e il pubblico in grado di leggere il greco è ristretto. Manuzio, che pure aveva chiesto alla Repubblica di Venezia dei privilegi (una sorta di copyright ante litteram) per proteggere i suoi caratteri greci, capisce che per sopravvivere deve allargare l'orizzonte. Deve "consolidare e adattare".
Ed è qui, nel 1499, che accade qualcosa di inaspettato. Aldo stampa un libro che sembra contraddire la sua austerità pedagogica: l'Hypnerotomachia Poliphili (La battaglia d'amore in sogno di Polifilo).
È un libro strano, onirico, scritto in una lingua volgare artificiosa e difficile, piena di latinismi. Chi l'ha scritto? Forse un frate domenicano irrequieto, Francesco Colonna, il cui nome appare nascosto in un acrostico formato dalle iniziali dei capitoli. Perché è importante? Perché è considerato il libro più bello del Rinascimento.
Contiene 172 xilografie meravigliose che si fondono con il testo in un'armonia perfetta. In una di queste immagini appare un simbolo che diverrà leggenda: un delfino attorcigliato a un'ancora. Il delfino rappresenta la velocità, l'ancora la solidità. È il motto Festina Lente ("Affrettati lentamente"). Sarà il marchio di fabbrica di Manuzio: agire con rapidità, ma con decisioni ferme e ponderate.
Il vero terremoto culturale, però, arriva all'alba del nuovo secolo. Manuzio ha un'intuizione geniale: vuole portare i classici latini e italiani nelle mani di tutti, non solo degli studiosi chiusi nelle biblioteche, ma di gentiluomini, mercanti e donne colte.
Per farlo, deve risolvere due problemi: lo spazio e la leggibilità. Qui entra in scena il suo "braccio armato": Francesco Griffo, un incisore di caratteri dal talento straordinario. Griffo disegna per Aldo un nuovo tipo di carattere, ispirato alla scrittura veloce e inclinata usata nelle cancellerie papali. Nasce così il Carattere Aldino, quello che noi oggi chiamiamo corsivo (e che gli inglesi, in onore dell'Italia, chiamano Italic).
Il corsivo non è solo elegante: è compatto. Occupa meno spazio sulla pagina rispetto al tondo o al gotico. Questo permette a Manuzio di ridurre drasticamente le dimensioni del libro. Abbandona i grandi formati in-folio (da banco, pesanti, da leggere su un leggio) e adotta il formato in-ottavo.
Come funziona? Il foglio stampato viene piegato tre volte, ottenendo un fascicolo di 16 pagine piccole e maneggevoli. Nascono gli Enchiridia, libri "che stanno in una mano".
Nell'aprile del 1501 esce il Vergilius (le opere di Virgilio). È il primo libro stampato interamente in corsivo e in formato tascabile. La conseguenza è rivoluzionaria: il libro esce dai gabinetti. Si può leggere camminando, in giardino, a letto. La lettura diventa un atto intimo, personale, quotidiano. Non è un caso che nella dedica a Marin Sanudo, Aldo scriva che quel libro può essere letto "nei momenti di riposo dagli impegni pubblici".
Ma la leggibilità non dipendeva solo dal carattere. Avete mai provato a leggere un manoscritto medievale? Spesso è un flusso continuo di parole senza respiro. Manuzio, grazie alla collaborazione con l'umanista Pietro Bembo, introduce una "segnaletica" moderna per guidare l'occhio del lettore.
Già nel 1496, stampando il De Aetna di Bembo, Aldo sperimenta l'uso sistematico della virgola e introduce un segno nuovo, abbassando un punzone sulla riga: il punto e virgola. Con le edizioni aldine compaiono l'apostrofo e gli accenti. La pagina stampata diventa un terreno ordinato, chiaro. Manuzio non sta solo vendendo libri; sta insegnando all'Europa come si scrive e come si legge.
Attenzione però a non cadere in un equivoco comune. I tascabili di Aldo non erano libri "economici" nel senso moderno del termine. Erano oggetti di lusso, curatissimi. La stessa Isabella d'Este, marchesa di Mantova, si lamentò con il suo agente del prezzo troppo alto delle "aldine" che aveva ordinato. Ma li voleva. Tutti li volevano.
Il successo fu tale che arrivarono subito le contraffazioni (i Giunta a Firenze, altri a Lione), costringendo Aldo a difendere il suo marchio e i suoi caratteri con continui appelli e privilegi. Gli ultimi anni di Manuzio non furono sereni. La guerra della Lega di Cambrai (1509) mise in ginocchio Venezia e costrinse Aldo a fuggire e a chiudere la bottega per un periodo. Divenne, si dice, un uomo stanco e talvolta scontroso, infastidito dai tanti "seccatori" che andavano a trovarlo in tipografia per farsi pubblicare o solo per curiosare.
Quando morì, il 6 febbraio 1515, aveva stampato circa 130 edizioni. Aveva trasformato il libro da oggetto artigianale a prodotto industriale, da reliquia da banco a compagno di vita.
Se oggi potete leggere questo testo su uno schermo, con caratteri chiari, virgole al posto giusto e magari portando il dispositivo con voi in poltrona, è perché cinque secoli fa, un umanista romano e un incisore bolognese decisero che la cultura doveva essere, prima di tutto, maneggevole.
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