Nel 1509, papa Giulio II coalizzò le grandi potenze europee nella Lega di Cambrai con l'obiettivo di cancellare la Repubblica di Venezia. La battaglia di Agnadello segnò una disfatta militare totale per la Serenissima, che perse i suoi domini di terraferma in pochi giorni. Ma proprio quando tutto sembrava perduto, Venezia fu salvata dall'inattesa fedeltà dei suoi contadini.
Pubblicato: 09/12/2025
Ultima modifica: 11/12/2025
Siamo nel primo decennio del Cinquecento, una fase cruciale delle Guerre d'Italia. La tempesta scatenata dalla Discesa di Carlo VIII sembrava passata, ma aveva lasciato macerie e appetiti insoddisfatti.
Al centro della scena c'è una figura imponente e terribile: Giulio II (al secolo Giuliano della Rovere), eletto papa nel 1503. Non è un uomo di preghiera, ma di azione. Vuole restaurare il dominio temporale della Chiesa con il ferro e con il fuoco. Dopo aver sottomesso i signorotti di Perugia e Bologna, il suo sguardo si posa sul "Leone di San Marco".
La Repubblica di Venezia, approfittando del caos seguito alla caduta di Cesare Borgia, si era allargata in Romagna, occupando città come Rimini e Faenza. Agli occhi del Papa, questa era un'intollerabile usurpazione. Ma Venezia, fiera della sua potenza commerciale e militare, commise l'errore di sottovalutare la determinazione del Pontefice. Rifiutò l'ultimatum papale di ritirarsi, convinta di poter tenere testa a chiunque. Non sapeva che Giulio II stava per scatenarle contro l'inferno.
Giulio II non si limitò a lanciare una scomunica. Fece di più: tessé una delle più formidabili ragnatele diplomatiche della storia moderna. Alla fine del 1508, nella città di Cambrai, i rappresentanti delle maggiori potenze europee siglarono un patto segreto con un unico obiettivo: smembrare i domini di Venezia.
Nella Lega di Cambrai entrarono tutti i giganti dell'epoca, uniti eccezionalmente contro un nemico comune:
Era una sentenza di morte. La Serenissima si trovò improvvisamente sola contro l'intera Europa.
La guerra scoppiò nella primavera del 1509. L'esercito francese, il più potente della coalizione, varcò l'Adda. Lo scontro decisivo avvenne il 14 maggio 1509 ad Agnadello, presso Crema.
Fu un massacro. L'esercito veneziano, pur ben equipaggiato, fu travolto dalla furia della cavalleria e della fanteria francese. La sconfitta fu totale, "durissima" come la definiscono le cronache. I resti delle truppe veneziane non poterono far altro che ritirarsi disordinatamente fino alla linea del Mincio, lasciando scoperta l'intera terraferma.
In pochi giorni, quello che Venezia aveva costruito in un secolo di guerre e diplomazia crollò come un castello di carte. Le città aprirono le porte agli invasori: i francesi a ovest, gli imperiali che calavano dalle Alpi a nord. Sembrava la fine della Repubblica.
Ed è qui che la storia prende una piega inaspettata, quasi romanzesca. Secondo la logica del tempo, Venezia era finita. Le aristocrazie locali delle città venete (Verona, Vicenza, Padova), che avevano sempre mal sopportato il dominio di San Marco perché le escludeva dal potere, accolsero gli imperiali come liberatori.
Ma nessuno aveva fatto i conti con il popolo. I contadini e i popolani della terraferma, esasperati dalle prepotenze dei nobili locali, vedevano nel governo severo ma giusto di Venezia la loro unica protezione.
Accadde l'incredibile: mentre i nobili festeggiavano l'Imperatore, nelle campagne e nelle piazze il popolo insorse al grido di "Marco! Marco!". Si armarono alla meglio e iniziarono a combattere contro gli invasori stranieri e contro i propri signori traditori. Questo sostegno inatteso diede alla Repubblica il tempo di riorganizzarsi. Venezia non era sola: il suo popolo era con lei.
Mentre i contadini resistevano nelle campagne, la diplomazia veneziana, la più raffinata del mondo, lavorava nell'ombra per spaccare il fronte nemico. Capirono che l'anello debole era proprio chi aveva scatenato tutto: il Papa.
Giulio II aveva ottenuto ciò che voleva (la Romagna), e ora iniziava a temere che la Francia fosse diventata troppo potente in Italia. Venezia, con grande umiltà strategica, cedette su tutto col Pontefice: restituì le terre, rinunciò alla tassazione del clero e all'appello al Concilio.
Il Papa, soddisfatto, fece un voltafaccia spettacolare. Tolse la scomunica alla Repubblica e, nel 1511, promosse una nuova alleanza, la Lega Santa, questa volta contro la Francia! Incredibilmente, Venezia si ritrovò alleata del suo peggior nemico di due anni prima.
Grazie al cambio di campo del Papa e alla resistenza popolare, Venezia riuscì a riconquistare quasi tutti i suoi domini di terraferma. La Repubblica era salva, ma la lezione di Agnadello fu indelebile.
La sconfitta segnò la fine dei sogni imperiali di Venezia. Da quel momento, la politica della Serenissima cambiò radicalmente: non più espansione aggressiva, ma una prudente difesa dell'esistente ("conservare lo stato"). Venezia si ritirò nel suo guscio dorato, rimanendo l'unico stato italiano veramente indipendente mentre il resto della penisola cadeva sotto il dominio straniero, un equilibrio precario che sarebbe stato poi sancito anni dopo dalla Pace di Noyon e definitivamente dalla Pace di Cateau-Cambrésis.
Studente di Storia
Ciao, sono al secondo anno di storia all'università e scrivo articoli man mano che studio per gli esami. Mi piace programmare siti web dunque eccomi qua.
Articolo pubblicato il 09/12/2025
Ultimo aggiornamento il 11/12/2025