Riassunto Battaglia di Pavia (1525): la sconfitta di Francesco I

Nel gelido febbraio del 1525, sotto le mura di Pavia, si consumò lo scontro che cambiò il destino d'Europa. L'esercito francese di Francesco I fu annientato dalle truppe imperiali di Carlo V e il Re stesso finì prigioniero. Fu il momento in cui l'egemonia asburgica sull'Italia divenne una realtà soffocante, sancita dall'umiliante Trattato di Madrid.

Pubblicato: 09/12/2025

Ultima modifica: 10/12/2025

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Le cause della guerra: lo scontro tra Carlo V e Francesco I

Per capire perché la Battaglia di Pavia sia uno degli snodi fondamentali delle Guerre d'Italia, dobbiamo dimenticare per un attimo le date scolastiche e guardare la mappa dell'Europa del 1519. L'equilibrio che sembrava raggiunto con la Pace di Noyon (1516), che aveva assegnato Milano alla Francia e Napoli alla Spagna, era andato in frantumi.

Perché? Perché era cambiato l'attore principale. Sul trono imperiale non sedeva più un Asburgo qualsiasi, ma Carlo V. Un uomo che concentrava nelle sue mani un potere mai visto dai tempi di Carlo Magno: Spagna, Impero, Paesi Bassi, Americhe. La Francia di Francesco I si sentiva soffocare, accerchiata da ogni lato da domini asburgici.

Era una situazione esplosiva. La guerra non era una possibilità, era una necessità fisica per la sopravvivenza della monarchia francese. E come sempre accadeva da quando c'era stata la Discesa di Carlo VIII, il campo di battaglia scelto per regolare i conti tra le superpotenze fu la povera, ricca Italia.

Indice

Assedio di Pavia del 1524
Assedio di Pavia del 1524

L'assedio di Pavia (1524): strategia e forze in campo

Francesco I non era uomo da attendere gli eventi. Dopo aver perso Milano nel 1521, decise di giocarsi il tutto per tutto. Nell'autunno del 1524, con uno sforzo logistico e finanziario immenso, mise in piedi un esercito di 30.000 uomini.

Non erano truppe qualsiasi. Metà di loro erano i temutissimi mercenari svizzeri, quei fanti che combattevano in quadrati di picchieri e che per decenni avevano terrorizzato i campi di battaglia europei. Con questa forza d'urto, il Re di Francia rientrò a Milano e puntò dritto su Pavia, roccaforte strategica in mano agli imperiali, cingendola d'assedio.

Immaginate l'inverno padano, la nebbia, il freddo nelle trincee. Francesco I era sicuro di sé. Pensava di aver preso il topo in trappola. Ma sottovalutava la capacità di reazione della macchina da guerra asburgica e le nuove tattiche che stavano rivoluzionando l'arte della guerra, segnando il tramonto della vecchia cavalleria feudale di cui lui stesso era l'ultimo, splendido rappresentante.

Svolgimento della battaglia: archibugi contro cavalleria

La situazione si sbloccò nel modo peggiore per i francesi. Dalla Germania arrivarono i rinforzi imperiali: lanzichenecchi tedeschi e fanteria spagnola. Il 23 e 24 febbraio 1525, proprio nel giorno del compleanno di Carlo V, si scatenò l'inferno.

Non fu solo uno scontro tra uomini, ma tra due modi di intendere la guerra. Da una parte la furia francese, basata sull'impeto della cavalleria pesante e sulla solidità dei quadrati svizzeri. Dall'altra, la modernità spietata degli imperiali. Come ci insegnano i manuali di storia militare, le armi da fuoco portatili (gli archibugi) e le nuove formazioni di fanteria (i tercios spagnoli e i lanzichenecchi) stavano rendendo obsolete le vecchie tattiche.

L'esercito di Francesco I fu letteralmente fatto a pezzi. La cavalleria francese, il fiore della nobiltà transalpina, si infranse contro il muro di picche e il fuoco degli archibugieri. Fu una carneficina. Ma il colpo più duro, quello che fece trattenere il fiato a tutte le corti d'Europa, fu l'esito personale del Re.

Cattura di Francesco I re di Francia alla battaglia di Pavia.
Cattura di Francesco I re di Francia alla battaglia di Pavia.

La cattura di Francesco I: il Re di Francia prigioniero

Nel caos della battaglia, accadde l'impensabile. Francesco I, il "Re Cristianissimo", combattendo in prima linea come un paladino d'altri tempi, venne circondato e catturato.

Non era mai successo che un sovrano di quel calibro finisse nelle mani del nemico sul campo di battaglia. La notizia corse veloce da Pavia a Roma, da Venezia a Madrid. Francesco I fu tradotto in Spagna, a Madrid, non come ospite, ma come prigioniero di lusso di Carlo V.

Per l'Imperatore, quella vittoria sembrava il segno del favore divino. Aveva in pugno il suo più grande rivale. Poteva dettare legge senza che nessuno potesse opporsi. La Francia era decapitata, l'Italia era ai suoi piedi.

Ritratto di Carlo V d'Asburgo in armatura, vincitore a Pavia
Ritratto di Carlo V d'Asburgo in armatura, vincitore a Pavia

Il Trattato di Madrid (1526): la rinuncia alla Borgogna

La prigionia di Francesco I durò un anno. Un anno di trattative estenuanti in cui Carlo V giocò il ruolo del gatto col topo. Per riottenere la libertà, il re francese dovette firmare, nel gennaio 1526, il Trattato di Madrid.

Le condizioni erano durissime, quasi un suicidio politico:

  • La Francia doveva rinunciare per sempre a qualsiasi pretesa sul Ducato di Milano.
  • Napoli restava saldamente spagnola (confermando quanto già visto con la Svolta di Andrea Doria e gli equilibri mediterranei).
  • Ma soprattutto, Francesco I doveva cedere la Borgogna, cuore storico della monarchia, all'Imperatore.

Francesco firmò. Non aveva scelta. Ma aveva già deciso che quella firma non valeva l'inchiostro con cui era stata scritta.

La Lega di Cognac (1526): l'alleanza tra il Papa e la Francia

Appena rimesso piede in suolo francese, Francesco I fece quello che ogni sovrano machiavellico avrebbe fatto: rinnegò tutto. Dichiarò che il trattato era nullo perché estorto con la forza durante la prigionia. La cessione della Borgogna non avvenne mai.

Anzi, la paura per lo strapotere di Carlo V era tale che i nemici di ieri divennero gli alleati di oggi. Nel maggio 1526, Francesco I promosse la Lega di Cognac. Chi vi aderì? Tutti coloro che tremavano di fronte all'Imperatore:

  • Il nuovo Papa Clemente VII (della famiglia Medici).
  • La Repubblica di Firenze.
  • La Repubblica di Venezia (sempre attenta a bilanciare i poteri dopo il rischio corso con la Lega di Cambrai).

Era la riapertura totale delle ostilità. L'Italia veniva gettata di nuovo nel caos.

Conclusione: conseguenze e strada verso il Sacco di Roma

La Battaglia di Pavia non portò la pace, ma solo una nuova, più feroce fase della guerra. L'Imperatore Carlo V, sentendosi tradito dal Papa e dal Re di Francia, decise di risolvere la questione italiana una volta per tutte, con la forza bruta.

La decisione di Clemente VII di unirsi alla Lega di Cognac si rivelerà un errore di calcolo fatale. Di lì a pochi mesi, i lanzichenecchi imperiali, esasperati e senza paga, avrebbero marciato verso sud, non per una battaglia campale, ma per compiere il più grande scempio artistico e umano del secolo: il Sacco di Roma del 1527. La vittoria di Pavia era stata solo il preludio dell'apocalisse.

Bibliografia

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Copertina di Storia moderna 1492-1848
Storia moderna 1492-1848

Carlo Capra

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Matteo Galavotti

Studente di Storia

Ciao, sono al secondo anno di storia all'università e scrivo articoli man mano che studio per gli esami. Mi piace programmare siti web dunque eccomi qua.

Articolo pubblicato il 09/12/2025
Ultimo aggiornamento il 10/12/2025

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