Se cerchi un riassunto delle Guerre d'Italia (1494-1559), questo articolo ripercorre tutte le fasi storiche del lungo conflitto che trasformò la penisola nel campo di battaglia tra Francia e Spagna. Dalla discesa di Carlo VIII alla definitiva Pace di Cateau-Cambrésis, analizzeremo le strategie dei protagonisti come Carlo V e Francesco I, le battaglie decisive e le cause politiche che portarono alla fine dell'indipendenza degli stati italiani e all'inizio dell'egemonia spagnola.
Pubblicato: 09/12/2025
Ultima modifica: 10/12/2025
L'anno è il 1492. Una data che la storiografia tradizionale incide nella pietra come lo spartiacque tra Medioevo ed Età Moderna, principalmente per la scoperta del Nuovo Mondo.
Tuttavia, per la penisola italiana, questo annus horribilis porta con sé un presagio ben più oscuro e immediato: la morte di Lorenzo de' Medici, il Magnifico. Con la sua scomparsa, si spezza quel delicato, quasi miracoloso meccanismo di pesi e contrappesi che, sancito dalla Pace di Lodi del 1454, aveva garantito all'Italia quarant'anni di relativa quiete e di una fioritura artistica senza precedenti nella storia umana.
L'Italia di fine Quattrocento rappresenta un paradosso vivente, un'anomalia geopolitica che presto pagherà un prezzo altissimo. Da un lato, è la regione più ricca, più urbanizzata e culturalmente sofisticata d'Europa. Le sue corti, da Firenze a Milano, da Ferrara a Urbino, sono fari di civiltà che suscitano l'invidia e l'ammirazione delle rozze monarchie transalpine.
Dall'altro lato, politicamente, la penisola è, per usare la celebre e terribile metafora di Guicciardini, un "vaso di cristallo tra vasi di ferro". Mentre Francia e Spagna hanno completato i loro processi di unificazione nazionale, trasformandosi in giganti politico-militari accentrati, capaci di mobilitare risorse fiscali immense e parchi d'artiglieria formidabili, l'Italia rimane frammentata in un mosaico litigioso di Principati, Repubbliche oligarchiche e Signorie, dilaniati da rivalità interne meschine e incapaci di una visione strategica unitaria.
La ricchezza dell'Italia, unita alla sua debolezza intrinseca e alla mancanza di un esercito nazionale, la rende la preda ideale. Non è più solo una questione di scaramucce condottiere per qualche castello di confine; sta per abbattersi sulla penisola un uragano di acciaio, picche e fuoco che durerà oltre mezzo secolo (1494-1559), trasformando il "giardino d'Europa" nel mattatoio su cui si deciderà l'egemonia continentale.
Dalla discesa di Carlo VIII alla pace di Cateau-Cambrésis, le Guerre d'Italia segnano il doloroso passaggio dal Rinascimento alla Controriforma, dalla "libertà d'Italia" alla lunga "Pax Hispanica".
In questo articolo, analizzeremo con esaustività le fasi, i protagonisti e le rivoluzioni militari di questo conflitto epocale, esplorando come la terra di Machiavelli sia divenuta il teatro del duello mortale tra le superpotenze dell'età moderna.
La prima fase del conflitto è caratterizzata dallo shock psicologico e militare. Gli stati italiani, abituati a guerre di manovra, condotte da mercenari che spesso limitavano lo spargimento di sangue e risolvevano le dispute con complessi giochi diplomatici, si trovano improvvisamente di fronte alla guerra moderna: rapida, brutale, totale e basata sulla potenza di fuoco dell'artiglieria.
Il casus belli che innesca la reazione a catena è la rivendicazione del trono di Napoli da parte del re di Francia, Carlo VIII (1483-1498), in quanto erede della dinastia angioina. Il re francese, giovane, fisicamente sgraziato ma divorato da sogni cavallereschi di gloria e crociata, prepara il terreno diplomaticamente con una cura che dimostra la nuova potenza della monarchia francese.
Si assicura la neutralità delle altre potenze europee concedendo territori: restituisce la Franca Contea e l'Artois a Massimiliano d'Asburgo e la Cerdagna e il Rossiglione alla Spagna (Trattato di Barcellona).
Cruciale è l'appoggio interno: Ludovico il Moro, signore di fatto di Milano, chiama i francesi per legittimare il proprio potere usurpato ai danni del nipote Gian Galeazzo, aprendo così le porte delle Alpi all'invasore.
Nell'agosto del 1494, la discesa di Carlo VIII inizia. Il suo esercito è una macchina da guerra che in Italia non si è mai vista: 30.000 uomini, inclusi 5.000 temibili mercenari svizzeri, la fanteria più letale d'Europa.
Ma la vera novità è il parco d'artiglieria: 36 cannoni di bronzo montati su affusti trainati da cavalli, mobili e rapidi, capaci di sbriciolare in poche ore le alte e sottili mura dei castelli medievali italiani, progettate per resistere alle scalate, non alle palle di cannone.
L'avanzata è talmente rapida che gli storici dell'epoca, con un misto di orrore e ammirazione, la definirono la "guerra del gesso", poiché i furieri francesi si limitavano a segnare col gesso le porte delle case dove i soldati avrebbero alloggiato, senza bisogno di sguainare le spade. La resistenza è nulla. Nel febbraio 1495, Carlo VIII entra a Napoli quasi senza colpo ferire, accolto dai baroni in rivolta contro gli Aragonesi.
Solo allora gli stati italiani comprendono l'entità del pericolo mortale. Si forma tardivamente una Lega antifrancese (Venezia, Milano, il Papa Alessandro VI, la Spagna e l'Impero).
Carlo VIII, temendo di rimanere intrappolato nel Mezzogiorno, risale la penisola. Lo scontro di Fornovo (luglio 1495), pur rivendicato da entrambi i lati, permette a Carlo di rientrare in Francia con il grosso dell'esercito, ma dimostra che l'Italia non è più un luogo sicuro.
L'impresa si chiude con un nulla di fatto territoriale immediato, ma il "vaso di cristallo" è ormai irrimediabilmente incrinato: la via per le invasioni è aperta e l'impotenza italiana è stata svelata al mondo.
Il contraccolpo politico più violento del passaggio di Carlo VIII si verifica a Firenze, la culla dell'Umanesimo. Piero de' Medici, figlio del Magnifico, si mostra indeciso e troppo accondiscendente verso le richieste dei francesi (cedendo le fortezze di Sarzana e Pietrasanta), scatenando l'ira dei fiorentini. Il popolo, sobillato dall'aristocrazia antimedicea, caccia la famiglia e restaura la Repubblica.
In questo vuoto di potere emerge la figura titanica e profetica di Girolamo Savonarola, un frate domenicano ferrarese che infiamma le folle dal pulpito di San Marco. Savonarola predica contro la corruzione della Chiesa di Roma e il lusso sfrenato dei mercanti, interpretando la calata dei francesi come il "flagello di Dio" necessario per purificare l'Italia e preparare il rinnovamento della Cristianità.
Per quattro anni (1494-1498), Firenze vive un esperimento politico e sociale unico: una repubblica teocratica ma a base popolare. Savonarola spinge per l'istituzione del Consiglio Grande, un organo aperto a circa 3.000 cittadini (una base molto ampia per l'epoca), sul modello veneziano.
La città è percorsa da ondate di moralismo: si organizzano i "bruciamenti delle vanità", roghi pubblici di specchi, cosmetici, libri licenziosi e opere d'arte considerate immorali. Tuttavia, l'intransigenza politica di Savonarola, il calo dei commerci e, soprattutto, lo scontro frontale con il papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia), portano al suo isolamento.
Scomunicato e abbandonato dalla fazione aristocratica (gli Arrabbiati), il frate viene impiccato e arso sul rogo in Piazza della Signoria nel maggio 1498. L'aristocrazia fiorentina riprende il controllo, ma la stabilità medicea è ormai un ricordo lontano.
Il successore di Carlo VIII, Luigi XII (1498-1515), riprende le mire italiane con ancora più vigore e strategia. Aggiunge alle pretese su Napoli anche rivendicazioni ereditarie sul Ducato di Milano, vantando diritti tramite la nonna Valentina Visconti.
A differenza del predecessore, Luigi XII non si lancia all'avventura: tesse una rete diplomatica letale. Promette a Venezia la città di Cremona e la Ghiara d'Adda in cambio dell'alleanza militare; si assicura l'appoggio di Cesare Borgia e del Papa; neutralizza gli svizzeri.
Nel 1499, l'attacco è fulmineo. Milano cade. Ludovico il Moro, tradito dalle sue truppe mercenarie, viene catturato e finirà i suoi giorni prigioniero nel castello di Loches, in Francia. Per la monarchia francese, Milano non è solo una conquista territoriale: è la porta d'accesso all'Italia e un centro economico formidabile.
Risolta la questione settentrionale, Luigi XII guarda a Sud. Consapevole di non poter affrontare la Spagna da solo, stipula con Ferdinando il Cattolico il segreto Trattato di Granada (1500) per la spartizione del Regno di Napoli. L'accordo, cinico e pragmatico, prevede che Campania e Abruzzo vadano alla Francia, mentre Puglia e Calabria alla Spagna.
Tuttavia, come spesso accade nelle spartizioni tra predatori, l'accordo regge poco. Scoppia la guerra tra le due potenze occupanti per il controllo delle dogane e dei territori cuscinetto. È qui che la fanteria spagnola, riformata e guidata da Consalvo de Córdoba (il Gran Capitano), dimostra la sua superiorità tattica. Nelle battaglie di Cerignola e del Garigliano (1503), gli spagnoli sconfiggono pesantemente i francesi.
L'esito è decisivo: nel 1504 (Armistizio di Lione), la Francia rinuncia a Napoli. La Spagna rimane l'unica padrona del Mezzogiorno d'Italia (Napoli, Sicilia, Sardegna), instaurando un dominio vicereale che durerà per due secoli, fino al 1707. Il sud Italia diventa una riserva strategica di risorse e uomini per l'imperialismo spagnolo.
Il primo decennio del Cinquecento è dominato dalla figura titanica di Giulio II (1503-1513), il "papa guerriero" (Giuliano della Rovere). Uomo di tempra eccezionale, mecenate di Michelangelo e Raffaello, ma soprattutto politico spregiudicato, Giulio II ha un obiettivo chiaro: restaurare il dominio temporale della Chiesa, recuperare i territori perduti in Romagna e, infine, cacciare i "barbari" dall'Italia.
Il suo primo ostacolo è la Repubblica di Venezia. La Serenissima, approfittando della caduta di Cesare Borgia (il Valentino), si era espansa nell'entroterra romagnolo (Rimini, Faenza, Ravenna), diventando la potenza egemone del Nord Italia. Per piegare l'orgoglio di San Marco, il Papa organizza una coalizione internazionale mostruosa, la Lega di Cambrai (1508), che unisce nemici storici: Francia (Luigi XII), Spagna (Ferdinando il Cattolico), Impero (Massimiliano I) e Papato, tutti desiderosi di smembrare i domini veneziani.
La battaglia decisiva avviene ad Agnadello il 14 maggio 1509.
È la pagina più nera nella storia della Serenissima. L'esercito veneziano viene annientato dai francesi; in poche settimane, la Repubblica perde tutti i domini di Terraferma acquisiti in un secolo di guerre, ritirandosi nelle lagune. Sembra la fine. Tuttavia, Venezia si salva grazie a due fattori: l'abilità diplomatica nel dividere i vincitori e, sorprendentemente, la fedeltà dei contadini e dei popolani veneti, che si ribellano agli occupanti imperiali e francesi al grido di "Marco! Marco!", preferendo la "dolce" signoria di Venezia al saccheggio straniero.
Ottenuto ciò che voleva (la restituzione delle città romagnole), Giulio II compie uno dei più spettacolari rovesciamenti delle alleanze della storia moderna. Spaventato ora dalla strapotenza francese a Milano, cambia fronte. Al grido di "Fuori i barbari!", scioglie la Lega di Cambrai e forma la Lega Santa (1511) contro la Francia, alleandosi con la Spagna, Venezia, l'Inghilterra e, soprattutto, i Mercenari Svizzeri.
La guerra diventa feroce. I francesi, guidati dal giovane e geniale Gaston de Foix, vincono la sanguinosissima Battaglia di Ravenna (1512), dove l'artiglieria gioca un ruolo chiave, ma Gaston muore sul campo.
Privi di guida e minacciati dalla discesa di 20.000 svizzeri, i francesi sono costretti ad abbandonare Milano e la Lombardia. A Milano rientrano gli Sforza (Massimiliano, figlio del Moro), ma sono ormai ostaggi della tutela svizzera. A Firenze, la caduta della protezione francese porta al crollo della Repubblica e al ritorno dei Medici (1512), imposti dalle armi spagnole.
La fase convulsa e caotica delle prime guerre si chiude con un cambio generazionale. Muoiono Giulio II (1513) e Luigi XII (1515). Sale al trono di Francia il ventenne Francesco I (1515-1547), sovrano colto, ambizioso, incarnazione del principe rinascimentale, deciso a riprendersi Milano.
Appena incoronato, Francesco I scende in Italia. Lo scontro decisivo con gli svizzeri che difendono Milano avviene a Marignano (oggi Melegnano) nel settembre 1515. È stata definita la "battaglia dei giganti". Per la prima volta, la falange svizzera viene fermata: la combinazione di cariche di cavalleria pesante francese, il fuoco devastante dell'artiglieria e l'arrivo tempestivo degli alleati veneziani spezza l'invincibilità elvetica. La Francia rioccupa Milano.
L'anno successivo, il nuovo re di Spagna, il giovanissimo Carlo d'Asburgo (futuro Carlo V), e Francesco I cercano di stabilizzare la situazione firmando la Pace di Noyon.
Sembra il ritorno a un equilibrio bipolare razionale:
Ma è un'illusione ottica. È solo una tregua armata prima della tempesta perfetta. L'ascesa di Carlo d'Asburgo sta per sconvolgere completamente la mappa geopolitica mondiale, trasformando l'Italia nello scacchiere di un conflitto globale.
Prima di affrontare la seconda fase, è essenziale comprendere come la guerra stessa stia cambiando. L'Italia tra il 1494 e il 1559 è il laboratorio in cui muore la guerra medievale e nasce quella moderna. Le conseguenze sociali e politiche di questa trasformazione sono immense. Leggi l’approfondimento sulla Rivoluzione Militare e come portò alla nascita dello Stato Moderno.
| Innovazione | Descrizione Dettagliata | Impatto Strategico |
|---|---|---|
| Il Cannone Mobile | Introdotto da Carlo VIII (affusti su ruote, traino equino, proiettili in ferro anziché pietra). | Rende obsolete le fortificazioni verticali medievali. Costringe allo sviluppo della "Traccia Italiana" (bastioni bassi, spessi, angolati) per deviare i colpi. |
| Declino della Cavalleria | La cavalleria pesante (Gendarmes), pur restando prestigiosa, perde la centralità tattica. | Il cavaliere nobile può essere abbattuto da un plebeo con un archibugio o fermato da una selva di picche. È la crisi del ruolo sociale della nobiltà guerriera. |
| Il Quadrato Svizzero | Formazioni dense di 6.000 picchieri. Una muraglia mobile di lance lunga 5 metri. | Domina i campi di battaglia fino al 1515. Brutali, non fanno prigionieri. Richiedono disciplina collettiva ferrea, non eroismo individuale. |
| Il Tercio Spagnolo | L'evoluzione tattica definitiva. Unità miste ("Tercios") di picchieri (difesa) e archibugieri/moschettieri (potenza di fuoco). | Più flessibili degli svizzeri e dotati di maggiore potenza di fuoco. Questa formazione dominerà la guerra europea per 150 anni (fino a Rocroi, 1643). |
| I Lanzichenecchi | Mercenari tedeschi di fanteria, spesso luterani. Imitano gli svizzeri ma sono nemici giurati. | Diventano la spina dorsale delle armate imperiali. La loro ferocia e il costo ridotto li rendono essenziali per le lunghe campagne di Carlo V. |
Se la prima fase era stata una lotta regionale per l'egemonia in Italia, la seconda fase diventa una lotta titanica per l'egemonia globale. L'Italia è il perno su cui ruota il destino dell'Europa.
Nel 1519, muore l'imperatore Massimiliano I. Si apre la corsa al titolo imperiale. I candidati sono Francesco I di Francia e Carlo d'Asburgo, già re di Spagna. La posta in gioco è immensa.
Carlo vince l'elezione (diventando Carlo V) grazie a due fattori: l'ostilità dei principi tedeschi verso un re francese e, soprattutto, una quantità inimmaginabile di oro prestato dai banchieri Fugger di Augusta per comprare i voti dei sette Grandi Elettori.
Nelle mani di Carlo V si concentrano domini che non si vedevano uniti dai tempi di Carlo Magno: la Spagna, i possedimenti aragonesi nel Mediterraneo, le nascenti colonie americane (con il loro flusso d'argento), i Paesi Bassi (eredità borgognona), i domini ereditari austriaci e la corona imperiale.
La Francia si trova improvvisamente stritolata in una morsa mortale, circondata su ogni lato dai domini asburgici.
La guerra riprende nel 1521. Le truppe imperiali e papali (Leone X sostiene l'Imperatore) cacciano i francesi da Milano. Francesco I reagisce con furia. Nel 1524 riprende Milano e pone l'assedio a Pavia, difesa da una guarnigione imperiale.
La Battaglia di Pavia del 24 febbraio 1525 è uno degli eventi più importanti della storia militare europea. Francesco I commette l'errore di lanciare la sua cavalleria pesante davanti alla propria artiglieria, coprendone il tiro. La fanteria imperiale, dotata di archibugi e supportata dai lanzichenecchi, massacra la cavalleria francese.
Il disastro è totale. L'esercito francese è annientato. La nobiltà di Francia è decimata. Fatto ancor più sconvolgente, Francesco I stesso viene catturato sul campo, mentre combatte a piedi.
Il Re Cristianissimo è portato prigioniero a Madrid. In una cella, umiliato e temendo di perdere il trono, è costretto a firmare il Trattato di Madrid (gennaio 1526), con clausole durissime: rinuncia a ogni pretesa sull'Italia, cessione della Borgogna alla Spagna e consegna dei propri figli come ostaggi.
Appena liberato e rientrato in Francia, Francesco I denuncia il trattato come invalido perché estorto sotto costrizione. Immediatamente, l'Europa, terrorizzata dallo strapotere di Carlo V, si coalizza contro l'Imperatore.
Nasce la Lega di Cognac (1526): il re di Francia si allea con il papa Clemente VII (un altro Medici), Venezia, Firenze e Milano (Francesco II Sforza). È un fronte eterogeneo e fragile.
La reazione di Carlo V, profondamente offeso dal "tradimento" del Papa (che considerava il cappellano dell'Impero), è lenta ma devastante. Dalla Germania, un esercito di 12.000 lanzichenecchi guidati da Georg von Frundsberg scende in Italia. Sono truppe feroci, mal pagate, esasperate dalla fame e, in gran parte, di fede luterana. Vedono nel Papa l'Anticristo e in Roma la nuova Babilonia da purificare.
L'esercito della Lega, indeciso e diviso (con il Duca di Urbino che evita lo scontro), lascia passare la marea.
Nel maggio 1527, i lanzichenecchi, rimasti senza il loro comandante (il Conestabile di Borbone, morto durante l'assalto alle mura), scavalcano le difese ed entrano nell'Urbe.
Inizia il Sacco di Roma del 1527.
Per mesi, la capitale della cristianità è in balia di una soldatesca fuori controllo. Chiese profanate e trasformate in stalle, reliquie disperse, cardinali torturati per ottenere riscatti, archivi bruciati, monache violentate, opere d'arte distrutte. Clemente VII si barrica in Castel Sant'Angelo, impotente spettatore del fumo che sale dalla città.
Il Sacco ha un significato culturale immenso: segna la fine psicologica del Rinascimento romano spensierato e paganeggiante. Viene letto dai riformati come il giusto giudizio di Dio sulla corruzione curiale e dai cattolici come un segno della necessità di una profonda riforma morale (che porterà al Concilio di Trento). Politicamente, sancisce la sottomissione totale del Papato all'Impero spagnolo.
La svolta di Genova e l'incoronazione di Bologna
La Lega tenta un'ultima disperata controffensiva. Un esercito francese, guidato dal Lautrec, scende fino a Napoli e la assedia (1528). La vittoria sembra a portata di mano, perché la città è bloccata dal mare dalla flotta genovese, al soldo della Francia.
Ma nel luglio 1528 avviene il colpo di scena che decide la guerra: Andrea Doria, l'ammiraglio-doge di Genova, in contrasto con Francesco I per questioni economiche e per il mancato rispetto delle libertà genovesi, cambia campo.
Il tradimento di Doria è determinante. La flotta genovese passa con Carlo V. L'esercito francese a Napoli, privato del blocco navale e decimato da una pestilenza (che uccide lo stesso Lautrec), collassa.
Da questo momento, Genova diventa il polmone finanziario e navale dell'Impero spagnolo. I banchieri genovesi finanzieranno le guerre degli Asburgo per tutto il secolo ("Il secolo dei genovesi").
Nel 1529 si giunge alla Pace di Cambrai (detta "delle due dame", perché negoziata da Margherita d'Austria, zia di Carlo, e Luisa di Savoia, madre di Francesco). La Francia rinuncia all'Italia, ma mantiene la Borgogna.
Il trionfo asburgico è consacrato a Bologna nel 1530: in una cerimonia sfarzosa, Clemente VII incorona Carlo V Imperatore e Re d'Italia. È l'ultima incoronazione imperiale nella penisola. L'Italia è pacificata sotto il tallone spagnolo.
Come pegno per la riconciliazione col Papa, le truppe imperiali assediano Firenze, abbattendo l'ultima eroica Repubblica (1530) e restaurando definitivamente i Medici come Duchi, vassalli dell'Impero.
Nonostante la vittoria schiacciante in Italia nel 1530, Carlo V non riesce a infliggere il colpo di grazia alla Francia né a realizzare il suo sogno di monarchia universale. Perché?
L'Imperatore è un gigante dai piedi d'argilla, costretto a combattere su fronti multipli che disperdono le sue immense risorse finanziarie e militari.
Le ostilità in Italia riprendono ancora (1535-37, 1542-44), innescate dalla morte dell'ultimo Sforza e dalla devoluzione di Milano all'Impero, ma si trascinano in uno stallo logorante fatto di guerre di posizione e assedi, senza le battaglie campali risolutive della fase precedente.
Alla metà del secolo, i grandi protagonisti di questa epopea escono di scena. Muoiono Francesco I (1547) e Enrico VIII d'Inghilterra.
Carlo V, logorato da una vita di viaggi incessanti e guerre su tre continenti, e disilluso dal fallimento del suo sogno di ricomporre l'unità religiosa cristiana (pace di Augusta, 1555), prende una decisione storica senza precedenti: l'abdicazione (1555-1556).
Con lucidità politica, riconosce che l'Impero è troppo vasto per essere governato da un solo uomo e lo divide in due parti:
La guerra continua stancamente tra i successori, il nuovo re di Francia Enrico II e Filippo II di Spagna. L'ultimo atto non si svolge in Italia, ma nelle Fiandre. Nella battaglia di San Quintino (1557), l'esercito spagnolo, guidato dal duca Emanuele Filiberto di Savoia (detto "Testa di Ferro", un principe italiano che serve la Spagna per recuperare il suo stato occupato dai francesi), infligge una sconfitta decisiva alla Francia.
Nel 1559 si firma la pace definitiva. La Pace di Cateau-Cambrésis non è una semplice tregua, ma l'atto di fondazione di un nuovo ordine europeo che durerà sostanzialmente fino al Settecento.
L'assetto dell'Italia viene ridisegnato e "congelato" sotto il ferreo controllo spagnolo:
| Anno | Trattato | Contenuto Principale |
|---|---|---|
| 1495 | Lega di Venezia | Prima coalizione antifrancese (Stati Italiani + Spagna/Impero). |
| 1500 | Trattato di Granada | Spartizione fallita di Napoli tra Francia e Spagna. |
| 1516 | Pace di Noyon | Equilibrio illusorio: Milano ai Francesi, Napoli agli Spagnoli. |
| 1526 | Trattato di Madrid | Francesco I rinuncia a tutto (poi rinnegato). |
| 1529 | Pace di Cambrai | Conferma l'egemonia asburgica; Francesco I rinuncia all'Italia. |
| 1559 | Cateau-Cambrésis | La Spagna domina l'Italia; fine delle pretese francesi per un secolo. |
Le Guerre d'Italia si chiudono lasciando una penisola profondamente trasformata, irriconoscibile rispetto al 1492. La "libertà d'Italia" e l'indipendenza dei suoi stati sono perdute per quasi tre secoli. Inizia l'epoca della "Pax Hispanica": un lungo periodo di stabilità politica e pace, garantita dall'egemonia di Madrid, ma pagata al prezzo della stagnazione politica e della marginalizzazione economica, mentre il baricentro del mondo si sposta dal Mediterraneo all'Atlantico.
Culturalmente, il trauma del Sacco di Roma e l'avvento della Controriforma (con l'Inquisizione Romana fondata nel 1542 e il Concilio di Trento che si chiude nel 1563) spengono la spensieratezza intellettuale del primo Rinascimento. L'Italia entra in un'età di conformismo religioso, sorveglianza inquisitoriale e fasto barocco, dove l'arte diventa strumento di propaganda per la Chiesa trionfante e per le monarchie assolute.
Eppure, paradossalmente, è proprio in questi decenni di ferro e fuoco che l'Europa "impara" dall'Italia. Le grandi monarchie nazionali, invadendo la penisola, ne hanno assorbito la cultura superiore: le tecniche militari e ingegneristiche (la fortificazione alla moderna), la diplomazia (con l'istituzione delle ambasciate residenti, invenzione italiana), l'etichetta di corte, l'arte e la letteratura. L'Italia è stata conquistata militarmente, ma la sua civiltà ha conquistato i conquistatori, gettando le basi della moderna cultura europea.
Studente di Storia
Ciao, sono al secondo anno di storia all'università e scrivo articoli man mano che studio per gli esami. Mi piace programmare siti web dunque eccomi qua.
Articolo pubblicato il 09/12/2025
Ultimo aggiornamento il 10/12/2025